Laurie Lipton è un’artista americana nata a New York nel 1953.
Ha iniziato a disegnare all’età di quattro anni e non si è più fermata, la sua passione infinita per il disegno l’ha portata a dedicare la sua intera vita esclusivamente a questa attività.
Si è laureata con lode alla Carnegie-Mellon University, in Pennsylvania, con una laurea in Belle Arti in Disegno e poi è partita per l’Europa dove ha passato ben 36 anni vivendo tra Olanda, Belgio, Germania, Francia e Regno Unito, recentemente si è trasferita nuovamente in America precisamente a Los Angeles.
Durante gli studi universitari l’arte astratta e concettuale erano le correnti più in voga e i suoi insegnanti la dissuasero dal seguire l’arte figurativa considerata invece “fuori moda” ma lei preferiva comunque passare ore in biblioteca a copiare Dürer, Memling, Van Eyck, Goya e Rembrandt.
Infatti le sue opere sono fortemente ispirate dai dipinti della scuola fiamminga e durante i suoi viaggi per l’Europa ha iniziato a sviluppare la sua tecnica di disegno peculiare, creando toni con migliaia di sottili linee tratteggiate come un dipinto a tempera all’uovo.
“È un modo folle di disegnare ma il dettaglio e la luminosità che ne derivano valgono la quantità di sforzo. I miei disegni richiedono più tempo per essere creati rispetto a un dipinto di pari dimensioni e dettaglio”.
Un’altra delle sue ispirazioni è stata la fotografia di Diane Arbus, l’uso del bianco e nero l’ha colpita nel profondo. Il bianco e nero è il colore delle fotografie antiche e dei vecchi programmi televisivi, è il colore dei fantasmi, del tempo che passa, della memoria e della follia, così ha capito che era perfetto per i suoi lavori che dovevano sembrare infestati, l’immagine doveva essere essenza nuda e cruda dell’incolore.
I suoi disegni sono meticolosamente dettagliati e realizzati con carboncino e grafite su fogli di grandi dimensioni. Il mondo che ritrae è distopico, opprimente, ritrae la nostra società ossessionata dalla tecnologia. L’ossessione per se stessi e l’isolamento dilagano mentre il mondo esterno si sgretola in una rovina piena di spazzatura.
Nella serie “Armi di delusione di massa” esplora il rapporto con i media e i modi sottili in cui veniamo manipolati dalle notizie, attraverso immagini come l’archetipo della casalinga degli anni Cinquanta nella sua cucina perfetta, austera e graziosa con il grembiule, ignara dell’invasione elettronica con fili annodati e cavi contorti dell’interconnessione postmoderna che aggrovigliano i suoi elettrodomestici di grandi dimensioni.
Le piace contrapporre la sua visione distopica e infelice del mondo attuale, paranoico e sempre più autoritario dove l’incubo di Orwell della sorveglianza e controllo è sempre più potente. La presenza inquietante della rete di dispositivi di sorveglianza utilizzata per osservare i nostri movimenti, i nostri volti, i nostri acquisti e il nostro linguaggio nonché la rete di telecamere che sorveglia le nostre strade e i nostri negozi, i tracker online utilizzati per perfezionare la pubblicità personalizzata per sfruttare la nostra dipendenza dall’acquisto.
Le tecnologie sono diventate dipendenze a tutti gli effetti e siamo tutti collegati al sistema. Tutta la vita è improvvisamente dietro gli schermi; viviamo, siamo, socializziamo dietro gli schermi. Siamo soli nelle stanze a toccare, condividere, mettere mi piace, scorrere sugli schermi.
Siamo dipendenti dalle rivelazioni distorte che i nostri schermi luminosi portano e dalle bugie che raccontano, mentre noi utenti nascondiamo il nostro vero sé a coloro che a loro volta ci osservano. Questi falsi sé della nostra vita virtuale, rendono esplicito un nuovo tipo superficiale di immagine pubblica. Gli esseri umani sono abituati a mostrare il meglio di sé e a nascondersi dietro maschere sociali ma ora lo facciamo con un nuovo livello di complicità con i nostri amici e colleghi, tutti sanno che stiamo fingendo, e noi sappiamo che lo stanno facendo anche loro.
I suoi lavori catturano la natura della nostra società, guardano attentamente ciò che sta diventando il nostro mondo senza trattenersi dal rivelare i brutti orrori.
Poi abbiamo la serie più marcatamente gotica, ispirata dalla visita in Messico del “Día de los Muertos” nel periodo successivo alla morte della madre, disegnare la morte l’ha aiutata a reagire e a elaborare il lutto.
Le sue opere sono state esposte ampiamente in tutta Europa e negli Stati Uniti.
Sito ufficiale dell’artista: www.laurielipton.com
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